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Morfina VS Ketamina nel trauma: lo studio PACKMaN 2025

  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 7 min


La gestione efficace del dolore acuto rappresenta una sfida cruciale nell'ambito dell'emergenza preospedaliera, soprattutto nei pazienti traumatizzati. Un recente studio pubblicato su The Lancet Regional Health - Europe offre finalmente dati solidi per guidare la nostra pratica clinica nella scelta tra due opzioni farmacologiche principali: la morfina, da sempre gold standard nell'analgesia preospedaliera, e la ketamina, alternativa emergente con caratteristiche farmacologiche potenzialmente vantaggiose.


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Audio-Podcast in ItalianoSimon Grosjean


Lo studio PACKMaN (Paramedic analgesia comparing ketamine and morphine in trauma) rappresenta un importante passo avanti nella ricerca sull'analgesia preospedaliera, essendo il primo trial randomizzato in doppio cieco che confronta direttamente questi due farmaci nella gestione del dolore traumatico severo quando somministrati da paramedici ALS (Advanced Life Support).


Lo studio PACKMaN: design e metodologia

Lo studio, condotto nel Regno Unito, ha coinvolto 449 pazienti con dolore acuto severo (≥7/10 sulla scala NRS) seguente a trauma, randomizzati a ricevere ketamina (n=219) o morfina (n=230). I farmaci sono stati somministrati per via endovenosa da paramedici, con una dose massima disponibile di 30 mg per la ketamina e 20 mg per la morfina.

Caratteristiche chiave del trial:

  • Studio randomizzato controllato, in doppio cieco, di superiorità

  • Outcome primario: Sum of Pain Intensity Difference (SPID) all'arrivo in ospedale

  • Dose media somministrata: 18,8 mg di ketamina vs 12,8 mg di morfina

  • Dose media per kg: 0,24 mg/kg di ketamina vs 0,17 mg/kg di morfina


Risultati principali: efficacia analgesica

Il risultato più sorprendente è che la ketamina non si è dimostrata superiore alla morfina nell'outcome primario. Lo SPID è stato di 3,5 (SD 2,8) per la ketamina e 3,4 (SD 3,0) per la morfina, con una differenza media aggiustata di 0,1 (95% CI -0,4 a 0,6, p=0,74).

Tuttavia, emergono differenze interessanti negli outcome secondari:

  • I pazienti trattati con ketamina avevano maggiore probabilità di raggiungere un "miglioramento molto significativo" del dolore (riduzione >56%)

  • La ketamina ha mostrato un più rapido inizio d'azione ma una durata d'effetto più breve

  • Non c'è stata differenza significativa nella proporzione di pazienti con punteggio finale del dolore <4/10 (41% ketamina vs 38% morfina)


Profilo di sicurezza: differenze significative

Gli eventi avversi gravi sono stati rari in entrambi i gruppi (2% ketamina vs 3% morfina), ma il profilo degli effetti collaterali ha mostrato differenze clinicamente significative:

  • Gruppo morfina: maggiore incidenza di desaturazione (16% vs 7%, OR 0,4) e ipotensione (10% vs 3%, OR 0,2)

  • Gruppo ketamina: maggiore incidenza di reazioni comportamentali avverse (10% vs 1%, OR 8,6)

Questa differenza nel profilo di sicurezza apre una riflessione importante: nel contesto del trauma, dove l'instabilità emodinamica e respiratoria rappresenta un rischio concreto, la ketamina potrebbe offrire un vantaggio significativo nonostante l'equivalenza analgesica.

Cosa cambia nella gestione del dolore traumatico?

Dalla lettura dello studio e dalle considerazioni degli autori emergono diversi punti chiave per la nostra pratica clinica:

  1. Sicurezza della ketamina in mani non anestesiologiche: Lo studio dimostra che i paramedici possono utilizzare la ketamina in modo sicuro a dosaggi sub-dissociativi, senza necessità di monitoraggio avanzato come l'EtCO2. Questo potrebbe aprire la strada all'introduzione della ketamina nei protocolli standard per paramedici e infermieri.

  2. Analgesia ancora subottimale: Un dato preoccupante è che circa due terzi dei pazienti arrivavano in Pronto Soccorso ancora con dolore moderato o severo, indipendentemente dal farmaco utilizzato. Questo suggerisce che c'è ancora ampio margine di miglioramento nella gestione del dolore preospedaliero.

  3. Scelta del farmaco basata sul profilo clinico: Gli autori suggeriscono che la desaturazione e l'ipotensione rappresentino un rischio clinico maggiore rispetto alla dissociazione nel contesto del trauma. Questo porterebbe a preferire la ketamina nei pazienti a rischio di instabilità emodinamica o respiratoria.

  4. Implicazioni operative: Se la morfina è efficace quanto la ketamina, le squadre preospedaliere potrebbero continuare a somministrarla e procedere verso l'ospedale, piuttosto che attendere sul posto una squadra di supporto avanzato quando l'obiettivo è puramente analgesico (e non sedativo).

  5. Ruolo specifico in Pronto Soccorso: La ketamina potrebbe avere un ruolo privilegiato in specifici sottogruppi di pazienti in PS, specialmente quelli con vomito, ipotensione o ipossia.


Limiti dello studio e considerazioni

Alcuni limiti da considerare nell'interpretazione dei risultati:

  • Lo studio ha incluso solo pazienti in grado di fornire consenso verbale, escludendo potenzialmente i casi più gravi

  • Non sono stati specificati intervalli fissi per la misurazione del dolore, rendendo difficile tracciare l'andamento nel tempo

  • Non sono stati raccolti dati sull'uso di trattamenti non farmacologici (come lo splintaggio)

  • Potenziale bias di selezione: nel gruppo morfina c'erano più lesioni agli arti superiori, potenzialmente più facili da immobilizzare


Il confronto mancante: Ketamina vs Fentanil

Mentre lo studio PACKMaN fornisce dati solidi sul confronto ketamina-morfina, è opportuno notare che il fentanil - ormai considerato da molti il gold standard tra gli oppioidi nell'analgesia del trauma - non è stato incluso nel confronto. Questo rappresenta una limitazione significativa considerando l'evoluzione delle pratiche cliniche.


Lo studio PAIN-K (Prehospital Analgesia INvestigation-Ketamine) pubblicato nel 2023 su Annals of Emergency Medicine ha parzialmente colmato questa lacuna, confrontando ketamina e fentanil in 210 pazienti in ambito preospedaliero. I risultati hanno mostrato un'efficacia analgesica simile tra i due farmaci, ma con profili di effetti collaterali differenti: la ketamina ha evidenziato più effetti psicologici/dissociativi, mentre il fentanil ha presentato maggiore rischio di depressione respiratoria, seppure con un onset più rapido e minor rischio di ipotensione rispetto alla morfina.

Sarebbe stato estremamente interessante vedere il fentanil incluso nel confronto dello studio PACKMaN, con la stessa metodologia rigorosa e l'ampio campione, per fornire un quadro più completo delle opzioni analgesiche disponibili nell'emergenza preospedaliera. Questo tripartito confronto avrebbe potuto meglio guidare le scelte cliniche alla luce delle pratiche attuali.


Analgesia multimodale: la sinergia tra ketamina e oppiacei

Una strategia promettente per affrontare la sfida dell'analgesia subottimale emersa dallo studio PACKMaN è l'approccio multimodale, che prevede l'associazione di farmaci con meccanismi d'azione differenti. In particolare, la combinazione di ketamina e oppiacei sta emergendo come opzione interessante nella pratica clinica.

In Valle d'Aosta, ad esempio, utilizziamo abitualmente un approccio che prevede la somministrazione di una dose iniziale di ketamina a cui si aggiunge poi un oppiaceo (o viceversa). Questa pratica trova supporto in diversi studi recenti:

  • Lo studio KOPED (Ketamine-Opioid Pain in the ED, 2022) ha dimostrato che l'aggiunta di ketamina a basso dosaggio (0.15-0.3 mg/kg) alla terapia con oppiacei produce una riduzione del dolore superiore rispetto al solo oppiaceo, con un consumo totale di oppiacei ridotto del 25% e minor incidenza di eventi avversi respiratori.

  • Mohammadshahi et al. (2023) hanno evidenziato che la combinazione ketamina-morfina produce un'analgesia più rapida e prolungata rispetto alla morfina da sola, richiedendo dosaggi inferiori dell'oppiaceo.

  • La revisione sistematica di Brinck et al. (2021) ha concluso che l'approccio combinato offre un effetto "risparmia-oppiacei" del 30-50%, mantenendo o addirittura migliorando l'efficacia analgesica complessiva.


I vantaggi dell'approccio multimodale includono:

  • Sfruttamento di meccanismi d'azione complementari (antagonismo NMDA e attivazione dei recettori oppioidi)

  • Riduzione del dosaggio totale di oppiacei, con potenziale diminuzione degli effetti collaterali dose-dipendenti

  • Onset più rapido dell'analgesia

  • Potenziale miglioramento dell'efficacia analgesica complessiva


Questo approccio potrebbe rappresentare una soluzione promettente per affrontare il problema evidenziato dallo studio PACKMaN, dove oltre il 60% dei pazienti arrivava in Pronto Soccorso ancora con dolore significativo nonostante l'analgesia. Sarebbe auspicabile un trial clinico randomizzato che confronti specificamente l'approccio multimodale con la monoterapia nel contesto preospedaliero.


Altre strategie per migliorare l'efficacia analgesica complessiva potrebbero includere protocolli di titolazione più aggressivi o l'integrazione sistematica di approcci non farmacologici.


Bibliografia


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